Intervista: Nuovo spettacolo? Parliamo un pò...

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Agg-Webmaster
00venerdì 10 febbraio 2006 22:39
MILANO - Tutto comincia con l'arrivo dell'Enterprise e tre Star Trek da strapazzo, impazienti di spiegare agli alieni (noi spettatori) cosa è la vita nell'opulenta e apparentemente felice Terra. Il resto è una catena di gag e sfottò tra città invivibili e quartieri spietati con vigili arroganti, poliziotti corrotti, finti disabili in carrozzella, vecchiette dalla pistola facile, gente che frega altra gente....

Atteso con la solita trepidazione, dopo gli strepitosi Corti (due stagioni, 1995-96, oltre 300mila spettatori), dopo Tel chi el telun (solo 40 repliche nel '99 ma 80mila presenze) e sette anni di silenzio teatrale, il nuovo spettacolo di Aldo Giovanni e Giacomo mette il buon umore anche davanti al peggio del nostro misero quotidiano. "In giro c'è questo: maleducazione, prevaricazione, arroganza. Tanto vale riderci su", è la loro morale. Ma la vera notizia è che con Anplagghed, come si intitola ("È il suono di una parola rubata alla musica per dire senza mezzi elettronici, così come siamo, dal vivo") il trio d'oro della scena italiana - cinque film da incassi trionfali, dvd in migliaia di copie - si è dato alla pazza gioia: scene patinate stile hollywoodiano tra cartoon e computer graphic, effetti speciali, voli di 120 metri da un grattacielo, inseguimenti in moto sotto la pioggia, una tournée in teatri e palazzetti dello sport da non meno di duemila posti (è partita il 3 da Fabriano, il 7 è ad Ancona, poi Rimini, Mestre, Napoli dal 17 marzo, Bologna dal 28 marzo, Firenze, Modena, Milano allo Smeraldo dal 4 maggio e Roma al Gran Teatro a ottobre), dieci sketch folli, surreali (dalla presa in giro degli intellettualini, alla premiazione simil-Notte degli Oscar) alternati a video-filmati interattivi già giudicati "sontuosi" e soprattutto gran gioco di squadra di Agg (Aldo Baglio 48 anni, Giovanni Storti 49 e Giacomo Poretti 50) coi loro personaggi senza cervello, cui si è aggiunta Silvana Fallisi, a fare da "spalla" (vedi box accanto).

Dice il loro regista di sempre, il mago Arturo Brachetti: "Credevo che il tempo li avesse sfiancati e i film allontanati dalla voglia di sfida che è il teatro, invece li ho trovati motivati e carichi di energia, tre artisti che hanno ancora un bambino dentro che si scatena. Potevano restare comodi sugli allori dei successi cinematografici: invece si sono rimessi in gioco per reinventare il repertorio. Hanno coraggio".

Avete sentito?
Aldo: "Troppo buono. Però è vero è che a teatro abbiamo ritrovato certi spunti comici, gag e quella voglia infantile di giocare che ci porta le idee migliori".
Giacomo: "Sì, tornare a teatro è stato come tornare alle origini, al Derby, a Zelig, al piccolo cabaret di Samarate, vicino Legnano. A quel clima per cui metti giù idee, le provi, improvvisi, altre te ne vengono. E' stato così anche con i collaboratori, amici come la Gialappa's, Valerio Bariletti, Cesare Gallarini".

Perché? Il cinema vi aveva così cambiato?
Giovanni: "No. E' un altro modo di lavorare, più controllato, a tavolino. In teatro interagiamo, c'è più relazione tra noi tre. Per di più ci siamo scatenati, abbiamo voluto sognare: abituati alla Cinquecento ci siamo permessi la Mercedes con questo spettacolo. E poi c'è il pubblico. Per chi fa il comico è essenziale. Abbiamo provato tre mesi, con molte prove aperte, è stata una ricarica, nonostante la fatica".

Pigri?
Giacomo: "Certo, il nostro ideale sarebbe giocare a calcetto, a tennis e star bene con gli amici ma bisogna pur che qualcuno produca affinché possiamo giocare a tennis e a calcetto. E in teatro si fa una bella fatica".

Nostalgia del cinema?
Giacomo: "Sono sincero, sì. La parte creativa del teatro mi piace. Ma siccome sono un pantofolaio, adesso le tournée, gli alberghi... Me ne starei volentieri a casa, anche se so che poi ne vale la pena".

A quando il prossimo film?
Giacomo: "A maggio quando saremo con lo spettacolo a Milano, a casa, sarà più facile cominciare a pensare, a metter giù delle idee per il nuovo film. Farlo però se ne parla nel 2007".

Brachetti dice che siete i Totò di oggi.
Aldo: "Brachetti si è ubriacato. Io continuo a sentirmi un miracolato altro che Totò".
Giacomo: "Ci dicono anche di Stanlio e Ollio. L'altro giorno a pranzo, forse perché avevamo un po' bevuto, ci dicevamo che "I mostri" è un film che ci sarebbe piaciuto fare, quella risata un po' allusiva, metaforica che tocca anche cose feroci".

Anche voi qui raccontate nuovi mostri.
Giacomo: "Sì, anche se poi i nostri personaggi sono tre pirla che conoscendo solo il quartiere dove hanno vissuto raccontano quello: il vigile stronzo, il furbo che non fa la cosa al bancomat...".
Giovanni: "I nostri piccoli mostri sono ingenui, ignoranti, un po' stupidi. Pensavamo di aver esagerato con la fantasia immaginando una vecchietta che spara per difendersi ma poi hanno approvato anche la legge...".

Dunque nello spettacolo c'è anche della satira?
Giovanni: "La verità è che si ride e basta ma vogliamo anticipare i critici che dicono: "quei tre fanno solo ca...". Quindi diciamo che nelle gag c'è un sottotesto che nessuno vedrà, ma c'è. Quale? Faccio un esempio. C'è una scena dove uno chiede all'altro: "ma è legale quello che stiamo facendo?". E l'altro: "Tranquillo, non è legale". Insomma, sotto c'è l'Italia".
Agg-Webmaster
00domenica 12 febbraio 2006 11:58
Dateci un palasport, vi faremo sentire come a teatro. La sfida di Anplagghed, il nuovo spettacolo di Aldo, Giovanni e Giacomo, in scena questa sera in anteprima al Palasport Guerrieri di Fabriano, è tutta qui. Sì, perché Anplagghed, trascrizione maccheronica del termine inglese Unplugged, che significa "senza spina", segna il ritorno del trio sul palcoscenico. Niente telecamere o macchine da presa, ma un palco in mezzo a tanta gente, visto che le strutture scelte per il tour potranno accogliere fino a 2500 spettatori. Grandi contenitori, con posti numerati, però, come a teatro, e privi di maxi schermi per riprodurre, in pixel, ciò che avviene sul palco.
Giovanni, perché questa scelta? Per farvi seguire con più attenzione?
Non solo. Anche per una questione tecnica: il teatro va visto dal vivo. Se piazzi i megaschermi non hai la sensazione di essere a teatro, ma ti sembra di assistere a uno show televisivo.
Una nota critica, da parte di uno che di tv ne ha fatta parecchia?È che in realtà il teatro è un'altra cosa, rispetto alla televisione. Ci vogliono tante idee, e idee diverse, per mettere in scena un bello spettacolo.
L'idea del Palasport fa venire in mente un vostro collega, Beppe Grillo, che i palazzetti li riempie, si può dire, facendo politica.
Il nostro intento non è avvicinarci a Grillo, perché lui fa una cosa completamente diversa.
Vuol dire che non approfittate del momento per mettere anche un po' di politica nel vostro spettacolo?
Non in modo così evidente come nei recital di Grillo. Però, è chiaro che chi sa vedere dentro quello che facciamo, può riconoscere uno spaccato dell'Italia di adesso.
Questo spettacolo ha la regia di Arturo Brachetti, grande "trasformista": vi vedremo diversi dal solito?
Non tanto, direi. Brachetti è il regista dello spettacolo perché ha un'inventiva scenica prodigiosa, che ha solo lui. Ma noi non ci "trasformiamo", solo p roponiamo situazioni tipiche della vita di un quartiere: un tentativo di furto in appartamento, un piccolo delinquente per strada, la visita a una galleria d'arte. Tutti sketch nuovi.
Aldo, perché proprio il microcosmo del quartiere?
Perché qui, in un quartiere qualsiasi di una delle nostre città, atterranno tre personaggi che sembrano alieni. In realtà, sono solo dei terrestri che credono di essere sbarcati su un pianeta sconosciuto.
Che idea hanno di questo "strano" pianeta, che poi è la terra?
Mica tanto positiva: i terrestri non danno messaggi troppo evoluiti, uccidono e fanno guerre.
Uno sguardo forse un po' cinico...
Nei nostri tempi c'è molto cinismo, sembra diventato una moda. Anche a me è capitato di guardare le cose con questo atteggiamento, ma ora sto facendo un passo indietro. Mi sono accorto che al mondo c'è troppa cattiveria.
Degli accostamenti surreali avete fatto un "marchio di fabbrica".
La fantasia è un modo per costruire un altro mondo sulla realtà, è prendere le cose e giocarci un po'. La risata può essere anche la conseguenza di una situazione seria, se riesci a trasformarla. È questo il mestiere del comico.
Tornare sul palco, a dieci anni dai "Corti", è una sfida per voi?
La cosa più bella è recuperare un rapporto diretto con il pubblico.
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